Nulla di scientifico od esaustivo, solo riscontri empirici, prove di vita vissuta sia negli ultimi tre anni forzatamente sia nei precedenti anni – sedici ormai – da quanto Airgrid Network® esiste.
Negli ultimi anni tutto il mondo ha avuto modo, alcune categorie lavorative almeno, di avere a che fare con questo modo di lavorare, sia da casa sia in ambienti strutturati appositamente (va detto che in Italia sono pochi e rari); vediamo in seguito – in altro articolo – perché, cosa sono, e come funzionano.
Cosa sia, cosa di intenda per Smartworking e quali siano le differenze di questo col Tele-Lavoro ne hanno già parlato quasi tutte le fonti di informazione e non ci dilunghiamo in ulteriori spiegazioni: si da per assodato che si conosca la differenza.
Perché è una buona soluzione?
Innanzitutto permette di entrare nella condizione mentale di libertà e relax, il passare da ore pre-determinate in ufficio a ore in cui ci si gestisce il proprio tempo, nelle quali si è responsabili di sé stessi, in cui un incarico viene affidato ma poi le modalità di esecuzione fanno parte della propria gestione delle risorse. Vediamo altri vantaggi – sia per il lavoratore, sia per l’azienda:
- puoi usare i tuoi strumenti, computer, telefoni a cui sei ordinariamente abituato, mentre l’azienda non ha l’obbligo di fornirteli;
- puoi lavorare in un ambiente confortevole, casa tua oppure un luogo di co-working che ti metta nelle giuste condizioni psicologiche;
- puoi gestirti le tue ore, anche prenderti uno o due giorni se ti serve staccare un poco o hai altre incombenze da assolvere;
- aiuti l’ambiente (andrebbe messa in cima alla lista questa) dato che non usi un veicolo per spostarti, non consumi extra-risorse per la tua presenza in azienda – si pensi all’illuminazione di un ufficio, al riscaldamento / raffreddamento, alle stampanti sempre accese, ai consumabili dei servizi che tendono ad essere sprecati perché tanto paga l’azienda, ai distributori automatici – e non metanizzi l’aria con i tuoi peti perché sei stressato/a;
Perché non è una buona soluzione?
Ovvero del perché una buona idea diventa pessima quando gestita male.
E’ un bias, una distorsione del pensiero cognitivo. Una condizione per la quale si pensa che basti l’idea buona per rendere buono anche il risultato.
Non basta prendere delle persone e dirgli “da oggi puoi lavorare da casa tua, anzi più lo fai e meglio è” e sperare che queste, piombando in tale situazione, uscendo dalle proprie routine, riescano a reinventarsi super-produttive e rilassate, come le fotografie propagandistiche del ragazzo che lavora col proprio computer su un’amaca, beatamente semi-nudo. Perchè?
- il tuo computer personale è il tuo computer personale: ci sono le tue cose dentro, i tuoi giochini magari, e tutti i tuoi cari virus che lo rendono a tratti instabile, insaziabile di risorse e sovente non adeguato ai programmi che l’azienda ti chiede di installare per “fare da casa”; la VPN poi si scollega spesso e le videochiamate sono un girone tecno-infernale;
- siamo davvero sicuri che “casa tua” sia un ambiente confortevole per lavorare? Hai parenti? Vicini? Animali domestici? (no, non si pensi ad alcuna associazione tra le categorie, non è assolutamente voluta);
- a casa tua non puoi “gestirti le tue ore”; le tue ore non sono tue, sei alla mercé di tutti proprio perché sei a casa, così ti ritrovi a fare orari impossibili per recuperare sul lavoro; oppure cadi in uno stato di iper-prestazione, lavorando ben oltre il dovuto, sia perché non puoi confrontarti direttamente con altri colleghi sia perché hai l’ansia di terminare, casomai capitasse qualche distrazione/inconveniente;
- se sei un lavoratore dipendente sai che questa posizione ha degli svantaggi, sì, ma anche dei vantaggi: ti dicono cosa fare e non sei tu a dover gestire ogni aspetto del prodotto lavoro che stai svolgendo; a casa tua no; qualora poi il tuo manager ti dicesse cosa fare cercando di seguirti passo-passo, non ha quasi mai la percezione della tuo attuale status operativo per cui parla per massimi sistemi, non avendo contatto tangibile con te;
- a casa tua non hai contatto con i tuoi colleghi, non come prima almeno; sulle prime è una gran bella cosa penserai e nel tempo sicuramente gli aspetti negativi di questo contatto forzato per certo svaniscono, ma subentrano altri problemi: passi ore al telefono per confrontarti con gli altri, per cercare di capire dove andare e come portare avanti il lavoro, ti stressi perché sembra che nessuno capisca cosa stai facendo, ed a tua volta fai una gran fatica a spiegarti, mentre prima bastavano un paio di sguardi ed un dito medio sventolato nella stanza;
Potremmo aver finito qui, un paio di elenchi di cose che ormai tutti quelli che sono o sono stati in SmartWorking hanno compreso, chi più chi meno; qui volutamente estremizzate per far risaltare i concetti (ma sono poi così estreme?).
Non è tuttavia nostra usuale pratica sbattere le cose così, sopratutto quando ci sono problemi, senza addurre qualche soluzione.
16 anni di SmartWorking
Quando ancora nessuno lo chiamava così.
Queste vengono da quasi due decenni di esperienza, con risultati che hanno portato a preferire lo SmartWorking al lavoro in presenza, a come sono stati risolti i problemi comuni e cosa ciascuno di noi può fare per “vivere bene”, sia lato personale sia lato azienda.
- azienda, tira fuori due soldi e dai ai tuoi collaboratori gli strumenti giusti, ne avrai tanti benefici (anche economici): il lavoro è al sicuro innanzitutto, può essere svolto su macchine che sono fatte solo per quello e tali devono rimanere, ed inoltre presenteranno meno problemi tecnici quindi non avrai sempre la tua assistenza interna impegnata a risolvere i problemi su un parco macchine così eterogeneo/obsoleto da far sudare freddo il più scafato tecnico informatico; fornisci / pagagli anche una connessione a internet con un piano che supporti SmartWorking – quasi tutte le connessioni domestiche hanno molta banda in download e poca, pochissima in upload, che si traduce in “mi vedono a scatti, non mi sentono” oppure “mi cade spesso la VPN, il Cloud non si aggiorna”;
- azienda, devi aver cura di formare le persone, spiegargli come funzionano i nuovi sistemi e come ci si deve rapportare, e non fermarti ad una sola volta; sii vicina alle persone che lavorano per te, ascoltali;
- lavoratore, non sei in festa ma non sei nemmeno uno schiavo; costruisci assieme alla tua azienda la nuova routine di lavoro, ognuno è uno ed è diverso dagli altri e quando si è lontani tale definizione assume il suo carattere più distinguibile;
- lavoratore, prenditi i tuoi spazi e destinali a quella specifica attività, e non pensare di stare sul divano/amaca a lavorare, ti spacchi la schiena; il lavoro è uno stato mentale, e la mente deve essere guidata a farlo; se puoi trovare una dimensione per lavorare da casa bene, ma non è detto che si trovi, quindi, magari, non è un bene per te; fallo sapere alla tua azienda, che deve ascoltarti;
Infine, vale sempre ricordarlo, l’azienda è fatta dalle persone che ci lavorano, non dal palazzo, capannone, negozio, ufficio che sia; non dal cemento, non dalle scrivanie: sono più importanti i 5/10 minuti dai distributori automatici (o in mensa, per le grandi aziende) di tutte le meraviglie di strumenti e innovazioni che la scatola contiene. Quando si è lontani dal lavoro in presenza bisogna fornire dei sostitutivi, non dei palliativi.